martedì 10 luglio 2018

L'importanza dei giochi di ruolo

Da bambina introversa quale ero, ho imparato molto presto a sentirmi in colpa e un po' aliena per i miei interessi così diversi dai miei coetanei. Certo, anche io giocavo con le barbie ma amavo disegnare più che rincorrere una palla, amavo fingere di essere quello e quell'altro invece dei giochi di gruppo, preferivo la compagnia di un libro a quella degli altri bambini e il pensiero di un miniclub in vacanza mi faceva star male, per questo scappavo in un angolo lontano del bosco e ci passavo le ore giocando da sola. 
Io stavo bene, ero felice così. Ma questa è una società costruita per gli estroversi, per quelli che nei cortile della scuola giocano a pallavolo e non per coloro che se ne stanno lontani, all'ombra di un albero a superare il diciottesimo livello di super mario.
Non voglio dire di essere migliore degli altri perché non è così. Ma ognuno è come è, ed è da poco che ho scoperto che quello che sono non ha niente di sbagliato, stupido, malato. Non sono "antisociale", ma odio stare in mezzo al chiasso e alle persone. 
Odio le chiacchiere inutili e superficiali. Odio le persone alle quali non puoi parlare del videogioco che hai finito perché ti dicono che ti devi godere la vita. Odio quelli che se gli dico che faccio i giochi di ruolo dal vivo mi rispondono di crescere.
La verità è che questo è un mondo meraviglioso, quando accetti che non ti puoi cambiare e decidi che va benissimo così, che passati i vent'anni non hai più voglia di fare finta, di inventarti le scuse, che preferisci dire le cose come stanno.
È allora che ho conosciuto i giochi di ruolo.
Da persona profondamente empatica sapevo che sarebbe potuta essere una cosa molto immersiva per me, e mi ci sono gettata a capofitto.
Ho trovato incomprensione da molte persone che giudicano noi giocatori bambini troppo cresciuti, immaturi, sfigati, senza una vita. Persone piene di pregiudizi pescati chissà dove. Sapete che vi dico? Di vite ne abbiamo migliaia, ma non è di questo che voglio parlare.
Voglio parlare di quanto sia importante il gioco di ruolo.
Ieri sono tornata da un live troppo, veramente troppo coinvolgente ed immersivo e fatico a uscire dal personaggio, fatico a tenere separate finzione e realtà, fatico a non confondere i miei ricordi con quel personaggio. Ma è grazie a questo che so di aver fatto un buon lavoro.
Giocare qualcun altro, in una situazione in cui non ti troveresti mai non è solo un modo per rilassarsi, sfogare la mente e divertirsi, ma è anche un modo di entrare in intimità con te stesso toccando corde del tuo essere che non pensavi di avere.
Quando ho studiato recitazione e ci chiedevano di attingere alle nostre esperienze per poter ricreare quelle di un personaggio mi sembrava la cosa più complicata del mondo: d'altra parte ero sola in mezzo a una stanza con un lampadario puntato in faccia e sei persone a fissarmi. Mi chiedevo: d'accordo, questo personaggio deve avere paura dei ragni...potrei avere la stessa reazione di quando rimango al buio o sono costretta a parlare per la ventesima volta con l'estetista di che università ho fatto.
Ma completamente diverso è essere in una situazione creata per te, con altri cinquanta e passa giocatori che fanno la stessa cosa che fai te. A quel punto ciò che devi fare è così naturale, così spontaneo che lo fai e basta senza pensare.
La sua mente diventa la tua mente, le sue emozioni diventano le tue, le sue paure 
Non credo sia solo un metodo per conoscere sé stessi, credo sia un modo di praticare l'empatia e mettersi nei panni degli altri. Magari tu non ti saresti mai comportato così in quella situazione, ma chi devi interpretare sì. E allora lo fai e scopri che provi un profondo rispetto per chi è diverso da te, per chi ha deciso di compiere azioni che tu non capisci.
Tu sei lui, o lei, e devi pensare così. A volte questo meccanismo è talmente coinvolgente da farti star male anche dopo che è finito. A volte non lo è affatto e ne esci con facilità esattamente come ne sei entrato. Ma ciò che importa è praticare l'empatia, l'apertura, la fantasia, l'emotività e la conoscenza di sé.
Cosa mi ha insegnato questo mondo? Sicuramente che è pieno di persone che non ti giudicheranno mai per ciò che ami. Persone che solo perché condividi la loro passione ti accoglieranno a braccia aperte facendoti sentire a casa. Ma soprattutto, persone assolutamente sconosciute con cui costruirai un legame nella finzione che si trascinerà inevitabilmente nel volersi bene, sinceramente, nella realtà dove il legame si crea immediatamente.
Ti insegna che puoi piangere, singhiozzare e star male per cose che non esistono nel tuo mondo quotidiano, e questo a parer mio fa capire il potere della potenzialità, del "sarebbe potuto succedere". Ti fa innamorare. Innamorare di un mondo assurdo, magico, importante. Ti fa innamorare di chi c'è dentro. Ti fa innamorare della vita, ti fa innamorare della storia e della cultura. Ti fa innamorare e basta, c'è poco da dire.
Sono un'introversa e sono innamorata. Non di una persona ma di un centinaio, non di un'epoca precisa ma di qualsiasi tempo, non di una vita ma di migliaia di vite. Vite straordinarie, vite cattive, vite buone, vite perse. Vite che somigliano alla tua, vite completamente diverse dalla tua. Vite che ti disperano, ti stancano, vite che ti fanno odiare e amare. 
Io sarò anche una bambina troppo cresciuta.
Ma dio, quanto ho vissuto.

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