lunedì 26 febbraio 2018

A Giacomo.


Io e te avremmo dovuto conoscerci questa estate, in Sardegna. Saremmo venuti laggiù, io e il mio fidanzato, da te e la mia amica e saremmo andati in giro per l’isola in camper, a ridere, esplorare e buttarci in mare insieme.
Non ti conoscevo, non vedevo l’ora di farlo e adesso non potrò più.
Ma una cosa posso farla.
Posso far sì che il dolore che sto provando si trasformi in qualcosa di bello, che forse possa aprire gli occhi un po’ a tutti quelli che lo leggono.
Posso iniziare raccontando una storia d’amore.
La storia inizia nell’anno 2016, quando tu sei entrato nel piccolo paese dove lei lavorava e appena l’hai vista l’hai saputo.
L’hai deciso così forte che non sei riuscito neanche a parlarle da quanto eri emozionato, l’hai solo guardata, lei ha guardato te e non c’è stato bisogno di dire proprio niente.
Vi siete scambiati forse tre frasi in due settimane, e dopo averla vista hai compiuto la sfida della tua vita, hai scalato per primo una parete e le hai dato anche un nome.
Mi piace pensare che siano stati i suoi occhi a darti la forza per farlo, perché quando siamo innamorati ci scopriamo più forti, quasi al limite dell’invincibile. Come una madre può sollevare un’automobile per proteggere un figlio, un uomo può scalare una montagna se un momento prima ha incrociato lo sguardo della donna della sua vita.
Le hai chiesto il numero di telefono, te l’ha dato.
Ora avevi la montagna e la ragazza.
Peccato che poco dopo lei ha perso il cellulare, ha rotto il successivo e ha cambiato altri due numeri.
Ma tu non ti sei dato per vinto, no.
Non hai cercato un’altra donna, una che ti abitasse vicina, che avesse la tua cultura e la tua lingua, che avesse anche solo un telefono a cui essere chiamata.
Non hai cercato una situazione più facile, hai aspettato perché questo fa l’amore, aspetta. Hai chiesto a chiunque, l’hai continuata a cercare, alla fine l’hai trovata.
Vieni in Sardegna, le hai detto.
E anche lei lo sapeva che eri tu, perché per mollare tutta la tua vita e cambiare paese senza essere stati neanche un’ora insieme bisogna saperlo.
Ti ha detto “sì”, il suo primo sì. Il secondo sì arriverà due anni dopo, ma tu questo ancora non te lo immagini, sai solo che lei sta per scendere da quell’aereo e stare con te due settimane.
Stai lì con i piedi ben saldi a terra, e capisci che anche questo significa qualcosa, tu che sei abituato a mettere un piede dopo l’altro nel vuoto e sperare di trovare una roccia che lo accolga, un po’ come il principio che ti insegnano quando inizi a camminare in montagna: l’importante è avere sempre almeno un piede che non scivoli.
Tu adesso sei fermo lì, nessun piede nel vuoto, nessuna mano a cercare un appiglio: immobile, con gli occhi fissi sull’uscita dell’aeroporto.
Lei, finalmente, arriva.
Zaino in spalla, riccioli sciolti, la solita bandana sulla fronte.
In quel momento i tuoi piedi si muovono da soli, e in tre passi la raggiungi e non le dici neanche ciao, la baci e basta e in quel bacio c’è tutto quello che deve esserci: c’è il “com’è andato il viaggio?”, il “sei stanca?”, “ti ho aspettata per mesi”, “stasera ti porto a cena fuori”.
Ecco un’altra banalità dell’amore: può aspettare anni, ma quando sa di essere ricambiato diventa come un bambino che freme e scalpita dalla fretta.
Passate due settimane insieme e capite, entrambi, che non se ne parla proprio di separarvi di nuovo.
C’è urgenza, non quella di due persone sole che cercano di colmare un vuoto ma l’urgenza di due anime che hanno faticato anni per trovarsi e non possono più fare a meno l’uno dell’altra.
Partite insieme, viaggiate.
Siete due anime libere e coraggiose che per mano si accompagnano dappertutto, scoprite insieme nuovi posti, vi fotografate davanti ai tramonti e ai fiumi e alle cascate, ridete e proteggete l’uno i passi dell’altra.
Fiorite insieme nella migliore versione di voi stessi, perché l’amore trasforma le persone in quello che hanno sempre sognato di diventare.
Lei continua, ogni tanto, a fare esperienze da sola ma deve tornare prima del previsto perché a te manca tantissimo, troppo e non puoi stare un’altra settimana senza il contatto della sua pelle con la tua. E lei torna, non chiede perché, lo sa. Non si sente in gabbia, perché sa di essere libera.
Come due alberi, le radici sono intrecciate ma le fronde volano verso il cielo, sospinte dal vento, bagnate dalla pioggia, cullate dal canto degli uccelli. Il vostro amore è un gigantesco albero secolare, che vi fa stare insieme anche quando non lo siete.
Vi amate.
Tanto.
Ami la sua risata, ma soprattutto ami il modo in cui è coraggiosamente sé stessa senza alcun filtro, il modo in cui è incapace di fingere. La ami perché ad uscire con gli amici preferisce stare in casa a leggere un libro, perché se non sta bene in un posto prende e si sposta, perché anche quando non sa dove andare riesce a trovare una strada, che comunque vada finisce sempre fra le tue braccia.
Non hai paura, quando prende l’aereo. Lo sai che tornerà. Tu non le chiedi di restare, e lei non ti chiede di smettere di scalare le montagne.
Quando si ama si diventa l’uno le ali dell’altro, lei ti dice “vado”, tu le rispondi “ti aspetto”.
Fate quello che vi nutre il cuore, lei visita culture nuove, tu vedi panorami da posti in cui non è mai riuscito ad arrivare nessuno.
Tu sai che gli aerei possono essere pericolosi, lei sa che le montagne possono esserlo altrettanto e nessuno di voi dice “non andare”.
Avete entrambi quella luce negli occhi, quando fate quello che amate. Quella scintilla di passione che brucia forte, quella che vi rende affini e innamorati.
Eccolo qui di nuovo, l’amore: rispettare e lasciare spazio alle passioni dell’altro, incoraggiarlo a inseguirle.
Non litigate quasi mai, e perché mai dovreste?
Poi, lei ti dice: o ci sposiamo o fra poco me ne dovrò andare dall’Italia.
Problemi burocratici, lo sai.
Al mondo piace accogliere, ma chissà perché c’è sempre una data di scadenza, come se non fossimo tutti cittadini e fratelli, come se non condividessimo tutti la stessa Terra.
Non ci pensi un secondo. Lasciarvi non è un’opzione a cui vuoi pensare.
Sposami, le dici.
Sì, risponde lei. Di nuovo.
Non fate una cosa in grande, non sarebbe da voi. Tu hai uno splendido completo nero, sei bellissimo, e lei è vestita di rosa.
È fatta, non c’è niente che adesso vi possa separare.
Sarà anche l’ultima cosa a cui penserai, quando qualche mese dopo verrai travolto da una lastra di ghiaccio mentre sei a fare quello che ami.
Quel giorno i tuoi piedi non hanno trovato un appiglio, il vuoto si è approfittato di quanto profondamente lo amavi e come un egoista ti ha preso con sé, perché sapeva che adesso c’era qualcos’altro che amavi più di lui e non se la sentiva di condividerti.
Non contento il vuoto si è preso anche lei, si è preso il suo cuore.
Il mio amore è morto, ha detto. Mi sento persa.
Ha riempito il suo zaino per l’ultima volta, ha salutato il mare che guardavate insieme dalla vostra stanza e se n’è andata. È tornata nel suo paese.
Non a casa sua, bada bene: quella eri tu.
Casa non è certo il luogo dove sei registrato nei documenti, non è una porta o un divano, casa sono due occhi e due braccia, casa si sposta, casa invecchia, casa può morire.
Casa è una bocca che ti bacia mentre piangi, casa sono due braccia che ti stringono quando sei così debole da non stare in piedi. Casa sono due piedi che camminano al tuo fianco e controllano che tu non cada mai, e se cadi, casa sono due mani che ti aiutano a rialzarti.
Casa è un naso che sente il profumo di quello che hai cucinato per lui, casa è una lingua che ti dice che è la cosa più buona che abbia mai assaggiato, perché casa sa che l’hai fatta con amore.
Casa sono i capelli spettinati che accarezzi appena sveglia, casa sono un cuore che batte per te, solo per te, eternamente per te.
Casa a volte si arrabbia, si isola, ma casa rimane sempre.
Casa è un dito e tu, la persona che ama, sei la sua impronta digitale.
Casa era, è e sarà sempre perché come lei mi ha insegnato, presente passato e futuro vivono sulla stessa linea temporale.
Casa non muore mai, anche quando smetti di vederla.
In questi casi si dice: che la terra ti sia lieve.
Invece penso sia più accurato dirti: che la terra ti sia elastica, e ti dia lo slancio necessario per farti abbracciare dal cielo.

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