Io e te avremmo dovuto conoscerci
questa estate, in Sardegna. Saremmo venuti laggiù, io e il mio fidanzato, da te
e la mia amica e saremmo andati in giro per l’isola in camper, a ridere,
esplorare e buttarci in mare insieme.
Non ti conoscevo, non vedevo
l’ora di farlo e adesso non potrò più.
Ma una cosa posso farla.
Posso far sì che il dolore
che sto provando si trasformi in qualcosa di bello, che forse possa aprire gli
occhi un po’ a tutti quelli che lo leggono.
Posso iniziare raccontando
una storia d’amore.
La storia inizia nell’anno 2016,
quando tu sei entrato nel piccolo paese dove lei lavorava e appena l’hai vista l’hai
saputo.
L’hai deciso così forte che
non sei riuscito neanche a parlarle da quanto eri emozionato, l’hai solo guardata,
lei ha guardato te e non c’è stato bisogno di dire proprio niente.
Vi siete scambiati forse tre
frasi in due settimane, e dopo averla vista hai compiuto la sfida della tua
vita, hai scalato per primo una parete e le hai dato anche un nome.
Mi piace pensare che siano
stati i suoi occhi a darti la forza per farlo, perché quando siamo innamorati
ci scopriamo più forti, quasi al limite dell’invincibile. Come una madre può
sollevare un’automobile per proteggere un figlio, un uomo può scalare una
montagna se un momento prima ha incrociato lo sguardo della donna della sua
vita.
Le hai chiesto il numero di
telefono, te l’ha dato.
Ora avevi la montagna e la
ragazza.
Peccato che poco dopo lei ha
perso il cellulare, ha rotto il successivo e ha cambiato altri due numeri.
Ma tu non ti sei dato per
vinto, no.
Non hai cercato un’altra
donna, una che ti abitasse vicina, che avesse la tua cultura e la tua lingua,
che avesse anche solo un telefono a cui essere chiamata.
Non hai cercato una
situazione più facile, hai aspettato perché questo fa l’amore, aspetta. Hai
chiesto a chiunque, l’hai continuata a cercare, alla fine l’hai trovata.
Vieni in Sardegna, le hai
detto.
E anche lei lo sapeva che eri
tu, perché per mollare tutta la tua vita e cambiare paese senza essere stati
neanche un’ora insieme bisogna saperlo.
Ti ha detto “sì”, il suo
primo sì. Il secondo sì arriverà due anni dopo, ma tu questo ancora non te lo
immagini, sai solo che lei sta per scendere da quell’aereo e stare con te due
settimane.
Stai lì con i piedi ben saldi
a terra, e capisci che anche questo significa qualcosa, tu che sei abituato a
mettere un piede dopo l’altro nel vuoto e sperare di trovare una roccia che lo
accolga, un po’ come il principio che ti insegnano quando inizi a camminare in
montagna: l’importante è avere sempre almeno un piede che non scivoli.
Tu adesso sei fermo lì,
nessun piede nel vuoto, nessuna mano a cercare un appiglio: immobile, con gli
occhi fissi sull’uscita dell’aeroporto.
Lei, finalmente, arriva.
Zaino in spalla, riccioli
sciolti, la solita bandana sulla fronte.
In quel momento i tuoi piedi
si muovono da soli, e in tre passi la raggiungi e non le dici neanche ciao, la
baci e basta e in quel bacio c’è tutto quello che deve esserci: c’è il “com’è
andato il viaggio?”, il “sei stanca?”, “ti ho aspettata per mesi”, “stasera ti
porto a cena fuori”.
Ecco un’altra banalità dell’amore:
può aspettare anni, ma quando sa di essere ricambiato diventa come un bambino
che freme e scalpita dalla fretta.
Passate due settimane insieme
e capite, entrambi, che non se ne parla proprio di separarvi di nuovo.
C’è urgenza, non quella di
due persone sole che cercano di colmare un vuoto ma l’urgenza di due anime che
hanno faticato anni per trovarsi e non possono più fare a meno l’uno dell’altra.
Partite insieme, viaggiate.
Siete due anime libere e
coraggiose che per mano si accompagnano dappertutto, scoprite insieme nuovi
posti, vi fotografate davanti ai tramonti e ai fiumi e alle cascate, ridete e
proteggete l’uno i passi dell’altra.
Fiorite insieme nella
migliore versione di voi stessi, perché l’amore trasforma le persone in quello
che hanno sempre sognato di diventare.
Lei continua, ogni tanto, a
fare esperienze da sola ma deve tornare prima del previsto perché a te manca
tantissimo, troppo e non puoi stare un’altra settimana senza il contatto della
sua pelle con la tua. E lei torna, non chiede perché, lo sa. Non si sente in
gabbia, perché sa di essere libera.
Come due alberi, le radici
sono intrecciate ma le fronde volano verso il cielo, sospinte dal vento,
bagnate dalla pioggia, cullate dal canto degli uccelli. Il vostro amore è un
gigantesco albero secolare, che vi fa stare insieme anche quando non lo siete.
Vi amate.
Tanto.
Ami la sua risata, ma
soprattutto ami il modo in cui è coraggiosamente sé stessa senza alcun filtro,
il modo in cui è incapace di fingere. La ami perché ad uscire con gli amici
preferisce stare in casa a leggere un libro, perché se non sta bene in un posto
prende e si sposta, perché anche quando non sa dove andare riesce a trovare una
strada, che comunque vada finisce sempre fra le tue braccia.
Non hai paura, quando prende
l’aereo. Lo sai che tornerà. Tu non le chiedi di restare, e lei non ti chiede
di smettere di scalare le montagne.
Quando si ama si diventa l’uno
le ali dell’altro, lei ti dice “vado”, tu le rispondi “ti aspetto”.
Fate quello che vi nutre il
cuore, lei visita culture nuove, tu vedi panorami da posti in cui non è mai
riuscito ad arrivare nessuno.
Tu sai che gli aerei possono
essere pericolosi, lei sa che le montagne possono esserlo altrettanto e nessuno
di voi dice “non andare”.
Avete entrambi quella luce
negli occhi, quando fate quello che amate. Quella scintilla di passione che
brucia forte, quella che vi rende affini e innamorati.
Eccolo qui di nuovo, l’amore:
rispettare e lasciare spazio alle passioni dell’altro, incoraggiarlo a
inseguirle.
Non litigate quasi mai, e
perché mai dovreste?
Poi, lei ti dice: o ci
sposiamo o fra poco me ne dovrò andare dall’Italia.
Problemi burocratici, lo sai.
Al mondo piace accogliere, ma
chissà perché c’è sempre una data di scadenza, come se non fossimo tutti
cittadini e fratelli, come se non condividessimo tutti la stessa Terra.
Non ci pensi un secondo. Lasciarvi
non è un’opzione a cui vuoi pensare.
Sposami, le dici.
Sì, risponde lei. Di nuovo.
Non fate una cosa in grande,
non sarebbe da voi. Tu hai uno splendido completo nero, sei bellissimo, e lei è
vestita di rosa.
È fatta, non c’è niente che
adesso vi possa separare.
Sarà anche l’ultima cosa a
cui penserai, quando qualche mese dopo verrai travolto da una lastra di
ghiaccio mentre sei a fare quello che ami.
Quel giorno i tuoi piedi non
hanno trovato un appiglio, il vuoto si è approfittato di quanto profondamente lo
amavi e come un egoista ti ha preso con sé, perché sapeva che adesso c’era
qualcos’altro che amavi più di lui e non se la sentiva di condividerti.
Non contento il vuoto si è
preso anche lei, si è preso il suo cuore.
Il mio amore è morto, ha
detto. Mi sento persa.
Ha riempito il suo zaino per
l’ultima volta, ha salutato il mare che guardavate insieme dalla vostra stanza
e se n’è andata. È tornata nel suo paese.
Non a casa sua, bada bene: quella
eri tu.
Casa non è certo il luogo
dove sei registrato nei documenti, non è una porta o un divano, casa sono due
occhi e due braccia, casa si sposta, casa invecchia, casa può morire.
Casa è una bocca che ti bacia
mentre piangi, casa sono due braccia che ti stringono quando sei così debole da
non stare in piedi. Casa sono due piedi che camminano al tuo fianco e
controllano che tu non cada mai, e se cadi, casa sono due mani che ti aiutano a
rialzarti.
Casa è un naso che sente il
profumo di quello che hai cucinato per lui, casa è una lingua che ti dice che è
la cosa più buona che abbia mai assaggiato, perché casa sa che l’hai fatta con
amore.
Casa sono i capelli
spettinati che accarezzi appena sveglia, casa sono un cuore che batte per te,
solo per te, eternamente per te.
Casa a volte si arrabbia, si isola, ma casa rimane sempre.
Casa a volte si arrabbia, si isola, ma casa rimane sempre.
Casa è un dito e tu, la
persona che ama, sei la sua impronta digitale.
Casa era, è e sarà sempre perché
come lei mi ha insegnato, presente passato e futuro vivono sulla stessa linea
temporale.
Casa non muore mai, anche
quando smetti di vederla.
In questi casi si dice: che
la terra ti sia lieve.
Invece penso sia più accurato
dirti: che la terra ti sia elastica, e ti dia lo slancio necessario per farti
abbracciare dal cielo.
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