mercoledì 3 maggio 2017

You.

Scrivi, scrivi che qualcosa esce, scrivi per far uscire tutto quello che non puoi dire, scrivi perché la voce non la puoi usare, perché non sapresti usarla, scrivi per piangere, scrivi.

Sono stanca. Sono stanca perché succedono cose che vorrei raccontarti, sono stanca perché non ho più il tempo materiale di vedere i miei amici, sono stanca perché ho ripreso a studiare e studio e scrivo finché non mi fa male il braccio. Sono stanca perché sono impotente, perché la mia mente mi presenta costantemente immagini che mi fanno soffrire, pensieri che mi intristiscono, sono stanca perché non posso più ascoltare le mie canzoni preferite, quelle un po' malinconiche perché altrimenti penserei a troppe cose e sono stanca perché cercare di star bene sempre è una fatica, e quando ti abbandoni alle lacrime o alla rabbia ti sembra di non fare passi avanti, e alla fine rimani in quel limbo infelice dove non sei triste, non sei arrabbiata, non sai nemmeno te cosa sei, sei e basta e cerchi di trasformare questo tuo essere in qualcosa di bello, di creativo, di artistico, di felice.
È terribile quando la persona che ami ti volta le spalle senza guardarsi indietro, e la guardi allontanarsi, e come in uno di quei banali video musicali ti immagini sdoppiarti, rincorrerla, scuoterla, gridarle ma chi cazzo pensi di essere per dire che questa è la decisione giusta, chi cazzo pensi di essere per predire il futuro, per sapere come andrà a finire, per sapere già dopo così poco tempo che non possiamo andare da nessuna parte, chi cazzo pensi di essere per credere che sia d'accordo, quando non mi hai mai veramente conosciuta, perché tu non le conosci le cose che mi fanno battere il cuore, non le conosci le cose che mi fanno venire voglia di saltare, non la conosci la mia faccia quando cerco di mentire e non ci riesco, non li sai classificare i miei sorrisi, non lo sai perché ho quella cicatrice sul ginocchio, non sai un cazzo. Non vuoi sapere un cazzo di niente e ti va bene così, ti va bene andartene dopo aver visto una frase a caso di un libro enorme, te non hai idea di cosa ci sia scritto in quel libro. E pensavo volessi saperlo, pensavo lo amassi quel libro, che lo trovassi straordinario e invece ti è bastato un errore di battitura per chiuderlo.
Però rimani ferma, zitta, non esce nulla. Perché lo sai che è inutile, perché chi non capisce che luce sei non lo capirà né domani né fra cent'anni né in un altro universo.
E allora sono stanca.
Sono stanca di ascoltare cover al pianoforte e immaginarti accanto a me mentre lo suoni, con me che me ne sto a guardarti rapita, con i capelli spettinati della sera prima e nessun tipo di trucco in faccia. M'immagino le tue espressioni e come inarchi le sopracciglia, penso che chi sa suonare un pianoforte così è sempre più bravo degli altri quando si tratta di accarezzare, sfiorare, toccare, perché chi suona qualcosa ti tocca in un modo diverso, ti tocca come se tu fossi la loro chitarra o il loro pianoforte, cercano di scoprire i punti giusti per far uscire il suono perfetto, il suono della loro essenza, di quello che sono.
Mi manca il tuo corpo, mi manca quando ce ne stavamo per ore nel letto e dopo un'ora e mezzo eravamo ancora lì a fare l'amore, lentamente, io ti guardavo e pregavo perché non finisse mai, e amavo vedere la tua faccia completamente persa nel piacere, come mi mordevi e mi graffiavi perché sentivi roppo e non sapevi come farmelo capire.
E sono stanca. Sono stanca di immaginare quelle dita, quella cura, quella meticolosità nell'accarezzare non più me ma un'altra donna, con lo stesso interesse e la stessa curiosità. Mi spezza in due e mi occupo il tempo con tremila cose per non pensarci, me lo occupo così tanto che non ho tempo di cullare la mi emotività. 
Ma ogni tanto glielo devo, glielo devo perché lei fa parte di me, perché merita rispetto e se vuole uscire glielo devo permettere.
Perché quella è la parte più pura delle persone, la parte che gioisce, che arrossisce, che salta, che ama. La parte che non conosce tutti gli strati di cui uno normalmente si circonda: la paura, l'insicurezza, l'orgoglio, l'arroganza. Quella zona lì è pura luce, pura ingenuità, pura libertà. È il mio nucleo, quello che ti piaceva tanto, dicevi. Il mio libro. La mia bontà, la mia onestà, la mia genuinità. La vedo come una bambina che non si rassegna, che ti aspetta, che non capisce. Che alla frase "se n'è andato" risponde "e quando torna?", non si arrende.
Quella a cui non importa niente dei tuoi difetti e lati negativi, di ciò che non va, di ogni paura perché sa che le basta stare con te, perché ogni relazione umana è perfettibile, non esistono i rapporti senza speranza, esistono solo persone che non sono disposte a rischiare, a mettersi in gioco, a metterci il cuore.
Ecco, io ti voglio così. Ti voglio libero. Ti voglio senza paura, senza pregiudizi, senza niente. Ti voglio e basta. Ti voglio per il tuo nucleo. Per la tua essenza. Per i tuoi pensieri, per i tuoi comportamenti. Per quello che diventerai, per quello che sei e per quello che sei stato. Ti voglio perché sei te, e non c'è nessun altro come te. 

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